Anche se la scienza ha fatto dei grandi progressi nella conoscenza del corpo, fino al punto da stilare la mappa genetica dell’uomo, ancora esso nasconde un grande mistero. Forse alcuni modi di pensare sono così frequenti e comuni nella storia e nell’immaginario collettivo da risultare quasi invisibili alla consapevolezza della maggior parte degli uomini oppure da essere assunti come assiomi indiscutibili. Certamente questo è il caso del corpo che è stato nei secoli il bersaglio preferito delle religioni, della morale comune ed anche di altre forme di spiritualità, per non parlare della sessualità così strettamente legata ad esso.
Il corpo è espressione di vita, ci permette di partecipare all’avventura dell’esistenza, di immergerci in un universo di sensazioni, di emozioni e di esperienze dentro e fuori di noi, eppure è oggetto di condanna. La sessualità consente la magia della compenetrazione e della fusione con un altro individuo, eppure è associata al peccato e alla colpa. Persino molte filosofie orientali considerano il corpo come un fardello da portare, una schiavitù da sopportare, un abito consunto di cui disfarsi.
Non meno pernicioso è l’atteggiamento opposto, che scaturisce da una reazione, per il quale il corpo viene esaltato come pura forma edonistica e la sessualità viene ricercata come esclusiva manifestazione di piacere, disgiunta dall’amore. Si cade nel grande equivoco della cosiddetta ‘libertà sessuale’ che scade in una modalità di consumo, con lo stesso spirito di chi entra in un supermercato.
Passando da un estremo all’altro, il corpo viene comunque mortificato, ridotto ad oggetto, come se fosse un povero guscio senz’anima. Esso può essere avvilito sia dal cilicio che dalla pornografia con la stessa distruttività. Anche in questo caso è la mancanza d’amore a produrre ogni danno. Ma l’amore non è un vago sentimentalismo; ciò che deve essere compreso assolutamente è che l’amore è un vero e proprio stato, un’esperienza concreta e profonda di contatto. Lo si raggiunge attraverso un percorso, sempre duro e costante, con una ricerca continua, seguendo la strada del guerriero che mille volte cade e mille volte si rialza, animato da un’aspirazione che non si esaurisce di fronte alle sconfitte. E’ la meta del ricercatore, dell’eroe, del viandante, è il Tesoro di tutte le leggende. Il corpo non può essere separato dall’amore, anzi deve essere ritrovato come manifestazione fisica dell’Amore.
Nella psicanalisi il corpo era il grande assente. A forza di prendere in considerazione soltanto i processi psichici, appare l’immagine di un uomo con una grande testa e con un corpo abbozzato ed evanescente come un fantasma. Quanta ignoranza abbiamo riguardo al nostro corpo! Dall’illuminismo in poi la mente è diventata la protagonista, la dea ragione, a cui vanno i tributi della società. Ma ormai la ragione ha fallito. Tutti cominciano ad accorgersene. L’uomo è per davvero un essere ragionevole? Follia sarebbe continuare a sostenerlo. Dov’è la ragione nello scempio che si compie in tutto il mondo, falciando uomini e natura, considerando ogni cosa, uomo compreso, oggetto di consumo? Abbiamo creato un mondo di apparenze in cui l’unica ‘gioia’ è il possesso, un mondo di frustrazioni in cui raramente conta la qualità degli individui.
Reich combatté tutto questo e fu distrutto. Reich diede dignità all’individuo e gli restituì il suo corpo, ovvero scoprì una via per ritrovare l’intensità del sentire e del sentirsi parte della Terra. Per questo fu perseguitato, espulso, costretto a cercare luoghi che lo accogliessero. Non perse mai la sua coerenza e non si volle svendere.
Oggi molti lo stanno riscoprendo. I suoi studi sul carattere e sulla corazza muscolare in cui sono imprigionate le emozioni hanno influenzato tutte le scuole di psicoterapia. Da lui è nata la bioenergetica e la maggior parte di terapie corporee. Ma a questo punto vi voglio raccontare la storia di questo grandissimo genio che nel nostro secolo è stato poco compreso e spesso bistrattato, come sempre avviene nei confronti dei ricercatori che hanno osato spingersi in frontiere della scienza e della conoscenza molto al di là dei tempi.
Nato in Galizia nel 1897, fu uno dei più promettenti allievi di Freud, tanto che il celebre psicoanalista gli affidò nel 1924 i seminari didattici, riconoscendogli così la grande abilità terapeutica.
In quel tempo uno dei grandi problemi teorici e pratici che gli psicoanalisti si trovavano ad affrontare era il fatto che, in certi casi, anche se il paziente era riuscito a diventare consapevole delle cause che producevano la sua nevrosi, e quindi i contenuti psichici rimossi erano venuti a galla, i sintomi non sparivano. Si diceva nell’ambiente: ‘La psicoanalisi è terminata, ma il paziente non è guarito! ‘ Proprio da questo punto prese le mosse Reich, approfondendo la ricerca sulle resistenze.
Si definisce resistenza il meccanismo di salvaguardia per cui ogni individuo relega nell’inconscio ricordi, emozioni, sensazioni e pensieri che lo hanno traumatizzato. È una vera e propria censura per alleggerire dal peso di esperienze indesiderate. Le resistenze sono il più grande ostacolo di ogni psicoterapia e senza un’approfondita analisi delle resistenze, non è possibile portare a termine una psicoterapia in maniera completa.
Reich si concentrò su questo problema e iniziò a prestare attenzione, non soltanto alle comunicazioni verbali del paziente, ma anche a quelle non verbali, cioè agli atteggiamenti ed alle espressioni del corpo.
Una svolta fondamentale nella comprensione del meccanismo delle resistenze ci fu quando nel 1923 in un seminario tecnico che era nato su sua proposta, espose un caso di un cameriere che era incapace di avere un’erezione. L’analisi era andata avanti con successo perché il paziente aveva ricordato e riscostruito la ‘scena primaria’ che gli aveva innescato la nevrosi. Il paziente infatti aveva visto di nascosto la madre partorire ed era rimasto profondamente impressionato da quella che gli parve una ferita sanguinante tra le gambe di lei. Reich collegò l’incapacità erettiva ad un complesso di castrazione sorto dalla vista dei genitali materni.
Ricevette i complimenti dei suoi colleghi per avere condotto e portato a termine il caso con tanta maestria. Ma Reich era profondamente insoddisfatto perché, malgrado la corretta procedura, il paziente era rimasto impotente. Quale elemento era stato trascurato, cosa mancava per una reale guarigione del paziente? Dopo qualche settimana gli comunicò che la terapia era finita e fu colpito dall’atteggiamento docile e remissivo con cui il paziente accolse la notizia.
Reich vide in questo comportamento i segni evidenti di un blocco emozionale e capì che proprio la gentilezza e la disponibilità del suo carattere servivano da difesa. Comincia così a prendere forma la nozione di carattere e di resistenza caratteriale, che nella psicoanalisi non venivano presi in considerazione,.
Successivamente nel 1925 ebbe in cura un altro paziente, passivo-femminile, con caratteristiche simili al precedente e questa volta cominciò ad analizzare il suo atteggiamento e la presunta gentilezza del paziente si andò sempre più trasformando in aggressività palese. Procedendo nell’analisi affiorarono impulsi d’odio che a loro volta nascondevano la paura. Si venne a delineare la formazione a strati delle resistenze. Ogni strato ha la funzione di reprimere e rimuovere le emozioni dello strato precedente. Alla base della formazione del carattere si trova la frustrazione dell’amore e del piacere.
Così si esprime nella Funzione dell’Orgasmo: ‘L’amore frustrato genera impulsi distruttivi ed angoscia; ed altra angoscia è generata dall’inibizione della distruttività. L’angoscia a sua volta inibisce l’espressione dell’odio e dell’amore.’
Questo caso segnò la svolta della teoria e della metodologia terapeutica di Reich, perché oltre ad introdurre in maniera sistematica l’analisi del carattere e delle resistenze, introduceva la necessità di favorire la libera espressione delle emozioni che affioravano nel corso della terapia. Da qui nascerà tutto il lavoro sul corpo che è la base della terapia reichiana.
Cominciamo a veder nascere i motivi di dissenso che porteranno alla rottura tra Reich e Freud. Infatti ne 1926 Freud nel suo scritto ‘Inibizione, sintomo e angoscia’ iniziava a fare marcia indietro sulle sue formulazioni iniziali riguardo il nesso tra sessualità e angoscia. Dapprima affermava che la repressione della sessualità genera angoscia e invece nell’opera citata sopra afferma il contrario: ‘ Era l’angoscia a produrre la repressione e non, come avevo creduto una volta, la repressione a produrre l’angoscia.”
Inoltre già nel 1920 nel famoso saggio ‘al di là del principio del piacere’ Freud introduceva come pulsione primaria dell’essere umano l’impulso autodistruttivo o impulso di morte. Egli così scriveva: ‘Il risultato che le nostre ricerche hanno raggiunto a questo punto è che esiste una netta opposizione tra le pulsioni dell’Io e le pulsioni sessuali. Poiché le prime spingono verso la morte e le seconde verso la continuazione della vita.’
Freud ipotizzava quindi un masochismo primario che Reich vedeva contraddetto dalle sue osservazioni sulla formazione del carattere. Infatti Reich constatava che le pulsioni distruttive d’odio sono sempre secondarie, cioè si sviluppavano come conseguenza della frustrazione del piacere e dell’amore, e nel carattere masochista sono a loro volta represse e agite contro se stessi.. Il masochista in poche parole distrugge se stesso. Esemplificando molto, si può dire che la frustrazione genera rabbia; se l’espressione della rabbia è totalmente impedita, genera impotenza, e la rabbia si ritorce contro se stessi.
Reich si oppose sempre all’istinto di morte e, sviluppando il suo pensiero, disse chiaramente che la distruttività umana è la conseguenza di una società che impedisce la libera espressione del piacere e della creatività nell’essere umano. Chiamerà questa distruttività e questa negazione della vita peste emozionale.
Nel 1926, contemporaneamente al saggio di Freud ‘Inibizione, sintomo e angoscia, Reich pubblica ‘Die Funktion des Orgasmus’, che erroneamente molti scambiano con la ‘Funzione dell’Orgasmo’ pubblicato negli Stati Uniti nel 1945. In quest’opera troviamo sul nascere tutti i semi del pensiero reichiano.
In primo luogo Reich critica la tendenza sempre più diffusa nella psicoanalisi di considerare la libido come un’energia psichica, e ribadisce che Freud invece inizialmente aveva posto l’accento sulla valenza somatica di essa. Cito testualmente le parole di Reich: ‘A causa dei rapidi progressi compiuti dalla psicoanalisi nella ricerca delle cause psichiche delle nevrosi, è impallidito l’interesse per il problema dell’accumulazione della libido che originariamente era stata concepita come un fenomeno somatico ‘.
In seguito afferma che l’energia sessuale repressa si accumula sul piano muscolare, e che questo accumulo di tensione si trasforma in distruttività, ponendosi, come abbiamo già visto, contro la teorizzazione di Freud di un innato istinto di morte. Cito ancora una volta una frase di Reich che condensa con chiarezza questi due enunciati: ‘L’irrequietezza motoria insorge perché l’eccitazione sessuale insoddisfatta si ripercuote sull’apparato muscolare, ove però non si manifesta come fenomeno sessuale, ma come spinta alla distruzione ‘. Ed ancora: ‘Se l’istinto sessuale non viene soddisfatto, l’impulso distruttivo aumenta’. L’odio dipende dall’intensità della negazione dell’amore, e la distruttività dall’intensità della stasi libidica’.
Infine coglie le radici sociali del problema, che erano certamente riconosciute dagli psicoanalisti dell’epoca, ma sistematicamente ignorate. Reich infatti pensava che non fosse sufficiente affrontare la nevrosi dal punto di vista esclusivamente individuale, senza modificare anche le strutture sociali e la morale coercitiva che contribuiva a produrle e a perpetuarle.
Reich era molto sensibile alla dimensione del sociale, come tutti i grandi rivoluzionari, e profuse molte energie nella politica, militando sotto le fila del Partito Comunista. Anche in questo campo fu un precursore perché nel 1928 istituì a Vienna i consultori sessuali, aperti al proletariato e tramite questa esperienza si rese conto di quanto esteso fosse il disagio sessuale, anche nelle classi sociali più povere.
Sull’argomento della sessualità Reich è stato spesso frainteso e le sue scoperte sono state banalizzate a tal punto da stravolgere completamente il suo pensiero. Il luogo comune più ripetuto, tipo leggenda metropolitana, dice che Reich sostiene che, per guarire dalle nevrosi, basta fare spesso l’amore; questa interpretazione riduce la sessualità ad un atto puramente meccanico che serve per sfogare le tensioni accumulate. Niente è più lontano dal vero perché egli affermava che proprio la sessualità meccanica impedisce il completo abbandono al piacere e la fusione d’amore con la persona coinvolta nel reciproco dono di sé.
La sessualità in Reich assume invece una dimensione più vasta, diventa espressione dell’energia vitale di ogni individuo, fino al punto di essere anche espressione della energia universale. Questo concetto, tra l’altro, era molto conosciuto dagli orientali. Inoltre egli unì sessualità e amore perché senza amore non può esserci uno scambio profondo tra amanti e la sessualità diventa un gesto arido ed automatico. Il principio della libertà sessuale non significa quindi che tutti facciano l’amore con tutti, ma s’intende per libertà un’esperienza più profonda ed individuale che ha come presupposto il ritrovato contatto con il proprio corpo e le emozioni ed anche lo scioglimento dei condizionamenti e delle difese che impediscono all’essere umano di realizzare uno stato d’integrazione.
Le sue idee gli valsero la scomunica del Partito Comunista che lo espulse nel 1933 e mise al bando le sue opere, tacciandolo di reazionario e di controrivoluzionario. Indicative sono le parole di un medico comunista che disse: ‘Reich vuole trasformare le nostre organizzazioni in altrettanti bordelli. ‘ Era già in atto quella che Reich chiamerà ‘peste emozionale’; ovvero, tutti gli individui corazzati, bloccati, congelati nelle loro emozioni, carichi di violenza, sono nemici della libera espressione della vita, siano essi rossi o neri.
Nello stesso anno si tenne una riunione segreta della Società Tedesca di Psicoanalisi in cui si decise l’espulsione di Reich che due mesi prima aveva pubblicato un libro storico, Psicologia di Massa del Fascismo, una bomba che esplose e fece indignare i ben pensanti. In questo saggio Reich formulò chiaramente la constatazione che la struttura caratteriale degli individui si trasmette di generazione in generazione e che esiste un preciso collegamento tra strutture sociali e strutture caratteriali. L’uomo corazzato è un perfetto gregario e la sua paura nei confronti della pulsazione vitale lo rende incline a sottostare al potere.
Dobbiamo ricordare che siamo negli anni dell’ascesa di Hitler che si professava ‘socialdemocratico’ e di Stalin che doveva incarnare gli ideali comunisti ! Questo libro è una denuncia acuta sui i meccanismi psicologici di massa che consentono ad una dittatura di avere successo, che sia una dittatura di destra o di sinistra. Reich lo chiama fascismo nero e fascismo rosso. In questo periodo fu calunniato da ogni parte. Subì una vera campagna di denigrazione per tentare di affossarlo: era troppo scomodo per tutti.
Il grande tema che di cui si fece portatore era: come possono gli individui incarnare ideali di libertà e di progresso, se non sono liberi interiormente? Se sono separati dalle sensazioni corporee e dalle emozioni, se vivono una sessualità misera e pornografica, se sono carichi di violenza repressa, come possono amare la vita, come possono esprimere la loro creatività? La libertà è dunque uno stato di coscienza e non una condizione esteriore.
La vittima cerca sempre un carnefice e se viene trattata umanamente si ribella. Pretende la sua dose di umiliazione, vuole la sua prigione, come il cane che lecca la mano del padrone che lo colpisce. Ascoltare questi discorsi fa male; è preferibile far finta di niente, illudersi di essere liberi, aggrappandosi ai piccoli privilegi. E come si trasformano in carnefici le vittime, quando incontrano qualcuno ancora più debole! Il capo violenta i suoi sottoposti che a loro volta se la prendono con chi sta ancora più in basso. Quanti uomini, pusillanimi coi superiori, diventano tiranni con la moglie ed i figli, appena tornano a casa.
Reich fu costretto a lasciare Vienna ed iniziò il suo peregrinare. Dapprima in Danimarca, con una puntata a Londra, dove fraternizzò con Malinowski, e a Parigi, dove s’incontrò con i trotzkisti. Intanto la campagna denigratoria dei comunisti continuò sempre più feroce perché era evidente che ‘Psicologia di Massa del Fascismo’ non parlava soltanto del fascismo, ma evidenziava i meccanismi di potere anche della dirigenza comunista. Fu accusato di demolire la base tradizionale della propaganda marxista e gli fu dato del vigliacco.
E’ di questo periodo uno scritto di grande importanza dal titolo ‘Che cos’è la coscienza di classe’ in cui, sovvertendo i principi marxisti, afferma che la psicologia di massa è più importante della politica economica perché, se non cambia la struttura caratteriale che fa da supporto ad ogni logica di potere e non si promuove un’azione concreta per soddisfare i bisogni umani, qualsiasi altro intervento sociale è destinato al fallimento. Sono gli uomini a creare le strutture e non viceversa. Questo semplice concetto lo vediamo ogni giorno nella politica spicciola: vengono progettate strutture e programmi che sulla carta funzionano e poi, appena cominciano a diventare operativi, sono subito strumentalizzati per fini egoistici e di potere.
In Danimarca incontrò l’ostracismo del partito comunista e nel 1934 si trasferì in Svezia che dovette abbandonare perché non gli rinnovarono il visto. Ritornò clandestinamente in Danimarca ed infine riuscì ad ottenere una cattedra di Analisi del carattere in Norvegia, a Oslo, in cui visse tranquillo per soli tre anni. Reich intanto aveva iniziato le sue ricerche biologiche che costituiscono una svolta ulteriore del suo pensiero.
Ma la pace finì e ripresero gli attacchi sulla sua teoria e sul metodo terapeutico che Reich chiamava vegetoterapia, ovvero terapia del sistema neurovegetativo. Nel 1937 lo psicoanalista norvegese Nissen che tempo prima aveva recensito con entusiasmo alcune sue opere, riferendosi al suo metodo, scrisse che ‘è un trattamento quasi medico a sfondo rilassante’ che ‘serve solo a provocare pericolose forme di eccitazione sessuale’. Ripresero gli articoli scandalistici e le prese di posizione rigide della medicina ufficiale. Il tema della sessualità continuava a scatenare la peste emozionale intorno a Reich che infine accettò di recarsi negli Stati Uniti per una serie di conferenze, su invito del Dr. Wolf, membro della Società Americana di Medicina Psicosomatica.
Sbarcato in America nel 1940, Reich si dedicò con tutto se stesso alla parte più geniale della sua ricerca, che è anche la parte più controversa e meno compresa dagli studiosi, persino da quelli che si schierano a suo favore. Nel 1937 in Norvegia aveva iniziato a studiare la biologia, perché si era accorto che esisteva una precisa correlazione tra l’aumento del potenziale elettrico della pelle sulle zone erogene e l’intensità del piacere orgastico. Aveva osservato che il piacere non è soltanto legato alla sensazione fisica, ma che c’era un altro aspetto, dovuto all’esistenza di una energia vitale che scorre nel corpo. All’inizio pensò che si trattasse di energia bioelettrica, ma poi si rese conto di essersi imbattuto in un’altra forma di energia, sconosciuta alla scienza, ma conosciutissima in oriente col nome di prana o di Ki. Nella fisiologia esoterica dello yoga, del tantra e del taoismo questa energia è considerata la base di ogni processo vitale e dal suo modo di circolare dipende la salute dell’uomo. L’aveva chiamata energia orgonica, da cui orgonomia la scienza che la studia. Aveva altresì scoperto delle piccole vescicole di vita, i bioni, che erano carichi di questa energia e da essi presero l’avvio lo studio dei fenomeni cancerosi ed i primi tentativi di cura per mezzo di un aggregato speciale di bioni che avevano una più intensa carica di energia orgonica e che paralizzavano la cellula cancerosa. Riuscì a filmare varie volte il fenomeno descritto.
Reich comprese di aver fatto una scoperta incredibile e constatò che l’energia orgonica non era soltanto negli organismi viventi, ma anche nell’atmosfera, e che si irradiava dal sole. Con questa scoperta egli si collocò nel filone del pensiero olistico ed integrale, ribadendo l’unione dell’uomo con il cosmo.
Nella sua essenza che cos’è l’amore, se non l’espressione dell’intima unione delle parti? Respiro divino, pulsazione assoluta, in cui si fondono attrazione ed espansione. Potremmo tranquillamente inserire Reich nella schiera dei Ricercatori d’Amore, inventando una confraternita ideale a cui appartengono tutti coloro che sono mossi nella loro vita dall’aspirazione alla verità ed alla conoscenza.
Reich si prodigò in ogni modo di dimostrare l’esistenza dell’energia orgonica cosmica e ideò degli accumulatori orgonici che funzionavano sulla base del principio che il materiale organico attrae l’energia orgonica e il metallo la respinge. Con questi strumenti fece esperimenti di terapia sul cancro. Si incontrò persino con Einstein per sottoporgli dei fenomeni particolari collegati all’accumulatore orgonico, ma dopo un inizio favorevole di scambio, ci furono delle incomprensioni che gli procurarono una grande delusione. Non entro nel merito, non avendo le competenze specifiche, ma mi sento di osservare che spesso i grandi uomini hanno anche un grande ego che li porta a non saper comunicare con umiltà.
Nel 1946 si trasferì nel Maine in una piccola tenuta da lui battezzata Orgonon, in cui continuò le sue ricerche biofisiche e nominò il famoso dott. Baker ‘training therapist’, ossia responsabile della formazione di medici orgonomisti. Nel 1949 fu istituita la Fondazione Wilhelm Reich, che aveva lo scopo di promuovere gli studi sull’energia orgonica in tutte le sue manifestazioni.
Ma ancora una volta le persecuzioni su Reich ripresero. Una giornalista, la sig.ra Brady, spacciandosi per una sua entusiasta sostenitrice, riuscì ad avere un colloquio con la moglie di Reich, Ilse Ollendorf, e da queste conversazioni prese spunto per scrivere una serie di articoli diffamatori che, guarda caso, avevano riferimenti sessuali. Diceva tra l’altro che gli accumulatori orgonici avevano lo scopo di provocare l’orgasmo e che Reich li sfruttava per arricchirsi. In realtà Reich da una vita adoperava la maggior parte dei suoi guadagni per investirli in strumenti di ricerca e tutta la sua teoria sull’orgasmo era volta a dimostrare che qualsiasi forma di sessualità corrotta, meccanica, perversa e senza Amore è il terreno sui cui attecchisce l’incapacità di essere liberi. Ma così come si dice che la bellezza è negli occhi di chi guarda, allo stesso modo lo si può dire della sporcizia. Lo sguardo della peste emozionale è uno sguardo corrotto, che sporca tutto ciò che incontra, perché è nemico della vita in quanto ne ha paura. L’arma più potente della peste emozionale è la calunnia perché si contagia con rapidità. Eserciti di ben pensanti, rivestiti di buone intenzioni, nascondono il fango che in realtà li muove nelle loro azioni e si sentono persone degne, se trovano qualcuno da perseguitare in nome della morale e della fede.
Iniziarono le indagini della Food and Drug Administration, potente organizzazione di controllo, sulle attività di Reich e soprattutto sulla cabina orgonica. Gli ispettori facevano strane domande su cosa succedeva nei laboratori di Reich e nelle fantomatiche cabine orgoniche. Anche in questo caso era espresso chiaramente il sospetto di attività sessuali illecite. Le indagini durarono fino al 1954, anno in cui la FDA citò Wilhelm Reich in giudizio, affermando che l’energia orgonica non esisteva e che le apparecchiature orgoniche erano una frode volta a far arricchire Reich ed i suoi collaboratori.
Per farla breve, Reich decise di non presentarsi alla citazione perché sosteneva che coloro che dovevano giudicarlo non erano competenti delle sue ricerche. Ma il suo gesto, certamente ingenuo ed idealistico, non tenne conto che la legge funziona meccanicamente e non si pone problemi etici di alcun tipo. Infatti il 1° maggio 1956 fu arrestato e condotto in manette al tribunale di Portland. Fu sottoposto a perizia psichiatrica e fu dichiarato perfettamente sano di mente. Il 25 maggio fu condannato a due anni per disprezzo della corte e fu rilasciato su cauzione. L’11 marzo 1957, dopo vari ricorsi d’appello, fu incarcerato e, per abbreviare la sua detenzione, accettò di fare da cavia per la sperimentazione di alcuni farmaci. Il 18 novembre 1957 lo trovarono morto in cella ed i giornali riportarono che era morto per un attacco cardiaco.
Reich è stato un genio dalle brillanti intuizioni che ha spaziato in numerose discipline. La scienza e la cultura hanno un grande debito verso di lui. Ecco un uomo che ci ha dato una vera lezione d’Amore.
Roberto Maria Sassone
Tratto da
http://www.psicologiaolistica.it/