Il primo a parlare di “corazza caratteriale” fu Wilhelm Reich nel 1949, intendendo riferirsi con questa espressione a un particolare atteggiamento psicologico che la persona assume per evitare i rapporti, i contatti significativi. La corazza caratteriale impedisce soprattutto di essere sollecitati dalla dimensione dei sentimenti, giacché dall’esterno è subito possibile accorgersi se una persona è “corazzata” oppure no. Nella vegetoterapia e in altre metodiche di intervento fondate sui presupposti del pensiero reichiano, i terapeuti mirano proprio all’analisi della corazza caratteriale, mostrando così come la sua destrutturazione possa risultare terapeutica, liberatoria. Fin quando la corazza caratteriale dovesse continuare a proteggere la persona, l’unico risultato sarebbe quello di essere inattaccabili dalla presenza dell’altro e, di conseguenza, condannati a un’esistenza grigia e sterile.
Ma perché certe persone scelgono di indossare una corazza? La corazza, come abbiamo detto, serve a proteggere la persona dal rapporto, ma se si avverte il bisogno di protezione, evidentemente deve esistere anche la paura di qualche cosa, la sensazione di essere minacciati. In questo caso, si ha paura dell’Altro, e l’Altro ci fa paura perché è in grado di portarci altrove, di metterci in difficoltà, di destabilizzarci sino al punto di farci perdere le coordinate della nostra esistenza. In realtà però dovremmo cercare di comprendere che la vita di relazione implica sempre delle difficoltà, ci mette continuamente in discussione, i rapporti sono complicati al punto che talvolta siamo portati a eliminarli del tutto dalla nostra vita. Eppure, non c’è sbaglio peggiore. Escludere gli altri, significa infatti ritirarsi in una dimensione narcisistica dell’esistenza per la quale si è portati a pensare di essere il centro del mondo, di avere un valore che gli altri non posseggono. Indossare la corazza equivale a condurre un’esistenza priva degli altri, un’esistenza che non ci permette nemmeno di renderci conto che gli altri esistono. Sarà invece la demolizione della corazza caratteriale a permetterci di capire che accanto a noi ci sono altre persone, altri esseri umani, con bisogni e necessità pari alle nostre.
– da “L’anima delle donne” di Aldo Carotenuto –