La respirazione della medusa è una respirazione apparentemente molto complessa, che Reich descrisse nel suo libro La funzione dell’orgasmo, del 1927.
La respirazione della medusa evoca la respirazione naturale del neonato, che si accompagna a uno scorrimento energetico globale, dalla pianta dei piedi alla sommità del capo. Nella respirazione della medusa il soggetto adulto evidenzia tutte le sue difficoltà a lasciarsi possedere dal respiro naturale. Tale pattern respiratorio, tuttavia, consentendo di individuare il dove di queste difficoltà – che chiameremo blocco e che è inconscio – permette anche di scoprire come la persona lo sta mantenendo.
Come si formano i blocchi? Ecco un esempio: proviamo a immaginare un bambino molto piccolo, tra i sei e i dodici mesi, che è nella culla e piange protendendo inutilmente le braccia verso la madre; e facciamo l’ipotesi che lei non abbia tempo o voglia di accudirlo, oppure ritenga che sia più educativo non accorrere ogni volta che il figlio la chiama col suo pianto. In una situazione di questo tipo, il bambino, non ricevendo l’abbraccio che reclama, e temendo che il suo pianto non possa che ostacolare ulteriormente l’arrivo della madre, tende via via a ridurlo, fino a interromperlo. Notiamo che, dal punto di vista organismico, l’interruzione del pianto è una conseguenza del controllo della respirazione, controllo che il bambino utilizza anche per diminuire il proprio dolore: contenendo la respirazione, infatti, abbassa il livello della propria carica energetica e, di conseguenza, sente meno. Inizialmente la contrazione dei muscoli della gola e del petto, funzionale al controllo dell’atto respiratorio, è consapevole. Tuttavia, se il bambino mantiene questa contrazione per un tempo sufficientemente lungo, finisce per rimuoverla dalla consapevolezza, dimenticandosi di averla posta: il blocco si è formato, e ha eliminato la consapevolezza del dolore spostandola a livello inconscio.
Dunque il blocco si ferma nel momento in cui la scelta da consapevole diventa inconsapevole: è il momento in cui il dominio formale dell’ambiente culturale diventa un dominio reale sulla personalità del bambino, un dominio che prende corpo, che non è più percepito, e che governa la persona a sua insaputa.
In un organismo adulto e protetto da un’armatura nevrotica, la respirazione della medusa aiuta sia il soggetto, l’ “eroe” che va alla ricerca del suo respiro originario, sia il suo therapòs, cioè colui che di volta in volta gli porge gli strumenti per affrontare le prove, a riconoscere il dove e il come degli ostacoli.
(…) La respirazione della medusa è uno strumento per riportarci in uno stato di benessere originario, affrontando gradualmente tutti i nodi che ne ostacolano il flusso. (…) Reich ha chiamato il riflesso dell’orgasmo la reazione involontaria dell’organismo all’onda di eccitazione che attraversa il corpo quando la respirazione della medusa è eseguita in modo adeguato: un movimento involontario, ritmico e armonioso.
Nonostante un intero paragrafo di La funzione dell’orgasmo sia dedicato al riflesso dell’orgasmo, Reich non presenta mai la tecnica della respirazione della medusa in modo completo e sistematico, ma la “racconta” attraverso qualche “flash” e soprattutto attraverso l’esposizione di casi clinici. Si tratta, probabilmente, di una precauzione per evitare che uno strumento potentissimo venga utilizzato in modo inappropriato. Una descrizione esaustiva della respirazione della medusa, in effetti, non si trova neppure in Lowen. Possiamo immaginare che si tratti di una “tecnica” che, così come ha fatto Reich, ogni terapeuta e ogni maestro ha tramandato – e continua a tramandare in modo esperienziale – attraverso i propri pazienti e allievi.
Reich scrive che esistono mezzi per aiutare il paziente a ottenere il riflesso dell’orgasmo (…) A un certo punto, iniziando il lavoro e continuandolo, la respirazione non è più volontaria: funziona da sé e la persona ne diventa il testimone. Ed è proprio in quel momento che, a mano a mano che la persona si abbandona al flusso della respirazione e l’Io e le difese nevrotiche dell’Io si dissolvono, si manifesta (o meglio, si può manifestare) il riflesso dell’orgasmo. Al di fuori del contesto erotico, il riflesso dell’orgasmo è semplicemente un movimento di espansione e dolce contrazione del corpo, del tutto involontario. Per questo Reich parla di “riflesso” e non di “spasmo” – parola quest’ultima a nostro avviso troppo evocativa di sensazioni dolorose che sono, ovviamente, del tutto assenti.
Anche l’orgasmo genitale, d’altra parte, provoca lo stesso tipo di spasmo: il riflesso dell’orgasmo, infatti, è così definito proprio per il fatto che si manifesta con lo stesso movimento di un orgasmo sessuale, pur avvenendo in assenza di eccitazione genitale. Come detto più sopra, il riflesso dell’orgasmo ripristina ed è simile alla respirazione originaria del neonato, cioè di un essere umano non ancora immobilizzato dai blocchi di una corazza caratteriale nevrotica, e al tempo stesso non maturo per un orgasmo genitale.
Va qui sottolineato che, pur trattandosi di un’esperienza di tipo agenitale, possiamo ritrovarla anche nella genitalità di una persona. In presenza di eccitazione sessuale, due persone prive di armatura possono infatti rivivere uno scorrimento energetico globale, olistico, dalla pianta dei piedi alla sommità del capo, interno all’arrendersi reciproco dei due partner nella sessualità.
(…) Un amplesso amoroso coinvolge l’organismo nella sua globalità: più elevato è il grado di congruenza e più basso il livello di conflittualità interiore degli amanti, maggiore sarà la qualità della loro esperienza. (…) Sarà infatti il livello dei nostri blocchi muscolari, energetici, emozionali e cognitivi a determinare la qualità della relazione.
Utilizzando una metafora, non si tratta di alzare il volume, ma di addentrarsi nell’ascolto. Quanto più aumentiamo la nostra sensibilità – sciogliendo i blocchi della ricettività – tanto più potremo essere presenti alle più sottili variazioni di significato. (…)
Come dice Reich e Lowen ribadisce, l’organismo è da ritenersi tanto più sano quanto più ricco di energia. Questa deve poter essere libera di fluire nel corpo, senza conflitti e senza ostacoli. Proviamo infatti a immaginare un fiume: se frapponiamo un ostacolo creiamo delle turbolenze che potremmo descrivere come uno stato di conflittualità all’interno dello stato di scorrimento. Tanto più grande è l’ostacolo – il blocco – tanto meno l’acqua – l’energia – scorrerà in modo fluido a valle del blocco.
E, se il blocco è molto grave, impedirà il flusso dell’energia in certi distretti. Che quindi saranno poco irrorati da quel principio attivo che, letteralmente, sta “alla base degli atti” (la parola energia deriva dal greco érgon, che significa azione). L’essere umano è una particolare forma di condensazione dell’energia, e non si dà nessuna azione umana in assenza di energia, perché questa è alla base dei processi metabolici che attivano le fibre muscolari.
La respirazione della medusa ha lo scopo di far emergere gli affetti negati e rimossi per poterli poi accettare e reintegrare. Notiamo che, mentre tutti i neonati respirano con la bocca, la respirazione dell’adulto contemporaneo occidentale è, di norma, di tipo nasale. Possiamo quindi pensare che all’interno del naso ci sia una parte di quegli elementi condizionanti che servono a ridurre l’ampiezza dell’atto respiratorio.
Di fatto quello che possiamo facilmente constatare è che la bocca è un’apertura più ampia elle narici. Quindi, senza forzare la respirazione ma lasciando semplicemente aperta la bocca, possiamo dischiuderci a un flusso d’aria molto maggiore, arricchendo il corpo di energia. Ed è per questo motivo che durante la respirazione della medusa si respira attraverso la bocca. Scrive Reich “La bocca leggermente aperta favorisce il raggiungimento della posizione di abbandono”.
Reich spiega di aver introdotto la respirazione della medusa per elaborare li stati di angoscia. Nello stato di angoscia c’è una forte carica energetica del corpo che viene però vissuta in negativo: come qualcosa di pericoloso, che può procurare danno a se stessi o all’ambiente. Questa convinzione è frutto dell’apprendimento. Possiamo per esempio immaginare un bambino di 4 o 5 anni, che è pieno di energia e la vorrebbe manifestare giocando. Ma, giocando nell’ambiente in cui vive – pensiamo a un piccolo appartamento, come oggi spesso accade – viene represso dai genitori perché può farsi male o perché dà fastidio.
Una repressione analoga – spesso più rigida – viene solitamente riservata all’energia sessuale del bambino, che nella fase edipica si manifesta a volte in modo prepotente. I bambini di quest’età, infatti, non hanno ancora isolato i sentimenti pelvici (sessuali) da quelli del petto (non sessuali): la loro sessualità è legata al cuore, è il piacere generalizzato del contatto col genitore, un contatto gratificante a tutti i livelli. Immaginiamo per esempio una bambina che manifesta il proprio amore per il padre cercando un contatto fisico che per lui è imbarazzante, e ipotizziamo che la risposta che questa bambina con grande probabilità riceverà – in modo più o meno diretto – avrà a che fare con un sentimento di vergogna.
Il risultato di queste forme di repressione è che il bambino inizia a vivere la propria eccitazione naturale come qualcosa di sbagliato, diabolico e “immorale”, da ricacciare agli inferi. Di conseguenza, quando emergerà, il bambino (e poi l’adulto) la vivrà come angoscia: come qualcosa che non è lecito lasciar accadere.
E poiché questa convinzione è retta dalla costellazione incorporata delle tensioni psico-neuro-muscolari dell’armatura (i blocchi), la persona deve ri-incontrare, ri-conoscere, e ri-solvere queste tensioni per togliere il segno negativo all’eccitazione e poterla riconvertire in una forma di piacere esperienziale che trasformerà, arricchendola, la qualità della sua vita. Un piacere che nell’ambito della relazione di coppia si può trasformare in piacere sessuale e quindi in orgasmo e che nel resto della attività quotidiane assumerà la forma di una propositività che emerge in modo creativo e auto-assertivo senza titubanze né contraddizioni.
Di solito la risoluzione avviene quando è possibile esprimere – letteralmente spremere fuori – la carica dei sentimenti “negativi”, e per questo a lungo inesprimibili, in essa contenuti: quando esprimiamo questi sentimenti, non avendoli più dentro come elementi del blocco, l’energia riprende a scorrere, e questo scorrimento energetico ci ripulisce dalle conseguenze dell’esperienza originaria.
All’interno del setting analitico e di un gruppo di psicoterapia questi sentimenti negativi possono venir espressi senza nuocere né a se stessi né a nessun altro, e quindi senza creare i fondamenti del sentimento di colpa. Inoltre, all’interno di questi contesti – ma anche in incontri con persone più sane rispetto ai genitori, in grado di dare ciò che i genitori non avevano potuto – l’espressione di questi sentimenti può essere accompagnata da un’esperienza riparativa.
L’idea della respirazione della medusa venne a Reich osservando i bambini molto piccoli, con cui lavorò sulla prevenzione della nevrosi; e, poiché vide in loro questo tipo di respirazione cercò di ripristinarla nei suoi pazienti adulti. Riteneva infatti che essa fosse il tramite per il ritorno alla spontaneità che si osserva nei neonati e che egli metteva in relazione diretta con l’eliminazione dei blocchi nevrotici dell’organismo.
Nell’adulto, lo scioglimento sarà difficilmente totale: la sua respirazione potrà diventare simile ma raramente uguale a quella di un bambino sano di pochi mesi. Tuttavia, sbloccando almeno in parte il proprio respiro, l’adulto potrà ottenere uno stato dell’essere molto appagante, soddisfacente e promettente di quello attuale.
©”La forza e la grazia”, Luciano Marchino e Monique Mizrahil, ed. Bollati Boringhieri, 2012