Tutti gli sforzi fatti dagli esseri umani per evitare l’isolamento sono falliti e falliranno, perché vanno contro le leggi fondamentali della vita. Ciò che occorre non è qualcosa grazie al quale puoi dimenticare il tuo isolamento. E’ fondamentale diventare consapevoli della propria solitudine, che è una realtà. E sentire questa solitudine, farne l’esperienza, è meraviglioso, perché è la tua libertà dalla folla, dall’altro. E’ la tua libertà dalla paura di esser solo.
“Con te e senza di te” – Osho
Torno a parlare di un argomento a me caro perché, come i miei amati pazienti, ho dovuto fare i conti e, a volte, ancora mi capita di farli, con questa strana “belva” che è la solitudine, belva come qualcosa che spaventa ma anche come qualcosa di selvaggio e dunque di naturale, perché questa è in fondo la solitudine, la dimensione naturale della nostra esistenza. Ma per arrivare ad accarezzarla dentro di noi questa solitudine e a custodirla gelosamente come una risorsa, come una fonte non di tristezza ma di sostentamento per il nostro fragile essere, occorrono molti passi lungo un cammino tutt’altro che semplice. Sappiamo che da bambini la nostra posizione rispetto al mondo è egocentrica, una fase in cui il bambino rapporta ogni stato d’animo, evento, sensazione, esclusivamente a stesso, avendo difficoltà nel differenziare ciò che appartiene a sé da ciò che appartiene al mondo esterno e alle persone che lo circondano. Una forma primaria di narcisismo che Freud interpretò come un’organizzazione difensiva dell’Io contro l’esperienza di dipendenza e frammentazione alla quale il riconoscimento dell’Altro può condurre. Quando il bambino, grazie al naturale corso dello sviluppo e grazie al consenso e alla protezione delle figure di accudimento, riesce ad acquisire una coesione del Sé tale da non temere più il mondo esterno, allora è pronto ad aprirsi ad esso, a riconoscerlo, a confrontarsi con esso, ed ad uscire, pertanto, dal proprio egocentrismo e da quella prima esperienza di solitudine in cui l’egocentrismo stesso lo aveva confinato. Come disse Freud “se un uomo è stato il beniamino incontestato della madre, conserva poi per tutta la vita quel sentire da conquistatore, quella fiducia nel successo che non di rado trascina davvero il successo con sé”.
Un secondo momento importante che, in realtà, è un momento che attraversa interamente la nostra vita, è quello dell’individuazione, inteso come processo di scoperta di Sé, di sviluppo delle propria personalità individuale, distinta e talvolta contrastante da chi e cosa ci circonda. Il processo di individuazione, mediante il recupero delle parti nascoste e rimosse di Sé, richiede un coraggio e una forza non sempre così facili da trovarsi, perché lo scoprirsi come essere “giusti” nella propria individualità, differenziati e dunque soli, può rivelarsi difficile quando il sentirsi “sbagliati” e magari simili agli altri, e dunque in buona compagnia. Ma non solo. Il percorso di individuazione, che richiede il riconoscimento dell’alterità dell’Altro ma anche della propria singolarità, della propria unicità, è continuamente messo a repentaglio dal senso di mancanza, di assenza, di vuoto, che la distanza dall’Altro suscita. Spesso accade che, quando ci allontaniamo, provvisoriamente o definitivamente da qualcuno, in particolar modo da qualcuno che amiamo, e per allontanamento intendo anche la distanza dal suo modo di essere, di pensare, di vivere, il senso di frustrazione generato dal non riconoscersi più simbiotici con l’Altro ma soli in stessi anche se accanto a qualcun altro, che è poi il passo obbligato verso un amore maturo, è tale, che preferiamo confinarci in rapporti di dipendenza, in cui rinunciamo a noi stessi pur di evitare il conflitto e pur di godere del benestare e dell’accettazione dell’Altro o, viceversa, scappiamo rifugiandoci in un narcisismo patologico che toglie respiro all’amore e, dunque, all’anima.
Questi atteggiamenti, più o meno inconsci, diventano l’atto di rinuncia alla nostra individuazione e alla scoperta di un Io unito a favore, invece, della perdita della propria identità interna e della frammentazione dell’Io in diverse relazioni di dipendenza o, talvolta, a favore del confinamento dell’Io in un isolamento che è ben dissimile da una sana solitudine, differenti posizioni che, comunque, non fanno altro che assecondare il nostro bisogno di protezione e di non esposizione, accrescendo il proprio sentirsi insicuri ed inadeguati, insufficienti a sé e agli altri. Infine, l’ultima tappa che un uomo o una donna maturi si trovano ad affrontare, è il recupero del rapporto esistente tra la solitudine e la libertà, spesso sperimentati come antitetici e non come facce della medesima medaglia, quali invece sono. In realtà, ciò che solitamente sperimentiamo è l’isolamento non la solitudine, per questo ci sentiamo privi di possibilità e confinati fuori dal mondo, talvolta anche senza speranza. La solitudine, invece, è ben altra cosa, ha in sé tutta la potenzialità della possibilità ed il grande dono della libertà, perché a partire da noi tutto è possibile, tutto è realizzabile. Chi è coerentemente presente in se stesso e coscientemente vigile, ha fatto di sé la propria casa e quando ci si sente a casa non c’è luogo, relazione, lavoro, verso i quali non sia possibile andare e dentro i quali non sia possibile essere; è questo stare bene con se stessi che ci rende liberi di scegliere e di agire in modo sano e non in funzione dei bisogni di quella parte fragile, presente in quasi tutti noi, che non è stata sufficiente curata, riconosciuta, amata e che, ferita e insicura, se non vista e accolta adeguatamente, finisce col diventare la disorientata bussola della nostra navigazione, conducendoci in luoghi impervi e mari tempestosi. Solo attraverso il superamento di queste tre momenti, siamo destinati a godere di questa naturale condizione della nostra esistenza che è la solitudine, viceversa a nulla possono valere i tentativi di ritrovamento e di coesione del sé, sperimentati in vari modi, attraverso lo yoga, la meditazione o altre pratiche similari. Possiamo sperimentare un maggiore senso di benessere, di serenità, di rilassamento, ma la libertà e la forza di essere e di stare nel mondo, come alberi radicati sicuri nella terra, che solo un senso coeso del sé vi dà, non è improvvisabile né raggiungibile così facilmente. In qualunque punto del nostro cammino siamo arrivati, c’è una sola scelta da poter fare, mettere la testa nel cuore, metaforicamente e non, e vedere e vedersi, fino a cogliere in un ricordo l’attimo in cui le nostre ginocchia e la nostra spina dorsale hanno ceduto fino a farci piegare in quel senso di frammentarietà, di debolezza e di insufficienza che ci ha fatti sentire come una minaccia per noi stessi, un limite per noi stessi o semplicemente non abbastanza per noi stessi.
E’ quello il momento del cambiamento, è lì che dobbiamo tornare se vogliamo liberarci dalle dipendenze dall’esterno e trovare in noi quella fonte inesauribile di armonia e benessere che è la premessa per qualsiasi relazione con l’esterno, di qualunque natura essa sia. Al di fuori di noi non c’è nulla di più di ciò che dentro ci portiamo, ma prima occorre accogliersi con benevolenza e dolcezza, e fare amicizia con quelle amene figure che ci abitano e che, nel profondo, siamo. Solo così la solitudine, lo stare con se stessi, diventa una carezza nei giorni di tristezza e di difficoltà, un unguento per le nostre ferite, un focolaio intorno al quale riscaldarci, un luogo dove tornare per ristorarci per raccogliere le forze prima di iniziare un nuovo viaggio. Le aquile volano alte nel cielo senza la paura di indugiare da sole nel volo, al momento giusto sanno che troveranno ciò di cui necessitano, non si preoccupano della loro solitudine; che voi decidiate di essere un’aquila in volo, una quercia ben piantata che abbraccia col suo sguardo la pianura, una stella alpina che fiorisce sulla roccia più alta, non perdete di vista il vostro tesoro, voi stessi, e abbiate fiducia in questo tesoro, in cui c’è la gioia e l’innocenza del bambino che siete stati e che ancora in voi vive, la maturità e la sicurezza dell’adulto, e la saggezza e la serenità del vecchio. State bene in compagnia di questi “altri” voi e starete bene in compagnia del mondo intero. Buon cammino e buona solitudine a tutti.
Gianfranco Inserra
2 comments
Mauro
15/09/2018 at 11:55
Grazie! Grazie per questo illuminante articolo…
Milena
24/03/2020 at 13:55
Questa è uno degli articoli più belli che abbia letto. Profondo pieno di spunti di riflessione e d’azione, con al centro ogni uomo. Grazie.